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IMPRESA SOCIALE VALIDA ALTERNATIVA ALLA SSD? Il Grillo parlante ha qualche dubbio…..

 Le imprese sociali, un nuovo refrain al centro di dibattiti, fuori e dentro le organizzazioni del terzo settore; ne parlano consulenti, operatori, politici, stakeholder di ogni genere. Una materia complessa, soprattutto nelle interpretazioni, per la quale si stanno a fatica delineando, giorno per giorno, confini e perimetri che coinvolgono sia l’aspetto fiscale sia quello giuridico.

La qualifica di Impresa Sociale, come noto, può essere acquisita da enti privati e società che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, ed è regolamentata dal decreto legislativo 112/2017.

“Identità è valore. Oltre l’impatto” è il titolo del XVII Workshop sull’impresa sociale organizzato da Iris Network che si terrà i prossimi 12 e 13 settembre nella consueta sede di Riva del Garda.

Tuttavia, se l’identità è valore, viene spontaneo allora chiedersi quanto vale l’impresa sociale e prima ancorasu quali basi si calcola il suo valore. Solitamente la risposta viene ricercata in dati di natura strutturale e performativa riferiti alle imprese che “incarnano” questa identità: numero di unità, lavoratori, utenti, giro d’affari, patrimonio, ecc. Un esercizio importante che restituisce indicazioni preziose perché in buona parte in controtendenza rispetto alle dinamiche dei modelli imprenditoriali dominanti, ma che non può prescindere dalla natura degli Enti che si vorrebbero ora coinvolgere.

Come dunque è facilmente intuibile occorre una seria riflessione mettendo a confronto pro e contro di questo “modello” che troppi immaginano già come panacea a tutti le criticità che affliggono le Società Sportive Dilettantistiche a r.l.

Per quanto detto, non poteva non far sentire la sua voce, il Grillo Parlante, il quale ci consegna alcune riflessioni?, provocazioni?, destinate, come di consueto, ad alimentare il dibattito.

“Ultimamente sta andando molto di moda proporre alle SSD di entrare nel terzo settore diventando imprese sociali.

Il vostro povero grillo parlante non ha ancora capito se sia più lo sport che stia corteggiando il terzo settore o sia quest’ultimo che stia corteggiando il primo.

Onestamente, sembra che questo innamoramento abbia distolto dall’esame dei vari aspetti di carattere diverso da quello squisitamente fiscale, del perché, per una ssd, prima di decidere di diventare impresa sociale sarà necessario che ci pensi bene, molto bene.

Intanto le imprese sociali sono tenute alla redazione “anche” del bilancio sociale. Adempimento che, come tale, va sicuramente giudicato in modo positivo ma che costituisce un “primo” obbligo in più rispetto ad una semplice SSD.

Secondo aspetto: ai sensi dell’art. 15 co. 4 del d. lgs. 112/17 le imprese sociali sono sottoposte ad attività ispettiva  una volta l’anno. Ovviamente nulla da nascondere ma chi prepara il materiale necessario che richiede l’ispettore? Anche qui un adempimento in più che come SSD non avremmo.

Negli statuti delle imprese sociali, vedi art. 11, “devono essere previste adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alla loro attività”

Tale coinvolgimento, ammesso che qualcuno abbia capito di cosa si tratta, dovrà essere disciplinato sulla base delle indicazioni che saranno contenute in linee guida …… anche queste da pubblicare con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali …. Ma, comunque, gli statuti debbono disciplinare “le modalità della partecipazione dei lavoratori e degli utenti anche tramite loro rappresentanti, all’assemblea degli associati e dei soci”. Nelle ssd semplici non avremmo nulla di tutto ciò.

Nelle imprese sociali sussiste l’obbligo del collegio sindacale: nelle ssd nei soli casi previsti dal codice civile.

Nelle imprese sociali, art. 7 co. 3, “l’atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali” Nulla di tutto questo per le SSD.

Un piccolo suggerimento ai loro consulenti: avete letto con attenzione l’art. 4 del d. lgs. 112/17? Nelle imprese sociali si intende per attività di direzione, coordinamento e controllo quello che può essere svolta dal soggetto che abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione di una impresa sociale. Il comma quarto prevede che gli enti con scopo di lucro non possono esercitare attività di direzione e coordinamento.

Quindi ove la maggioranza dei soci della SSD o comunque le quote di maggioranza (anche il solo 50,1%) sia detenuto da una società commerciale (e chiunque viva il mondo delle palestre sa che molto spesso è così) la SSD non potrà diventare mai impresa sociale. Ricordiamocelo!

Una riflessione ulteriore prima di decantare l’impresa sociale come il futuro delle SSD, a questo punto, credo sia opportuna.

   

Guido Martinelli, Avvocato

Bologna, 8 settembre 2019, ore 23.55


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