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Lo sport è terzo settore o il terzo settore è anche sport?

Sport e Terzo Settore, argomento “di moda” sul quale blogger, influencer, maître à penser, opinion maker, come pure guru ed “esperti” autoproclamatisi tali, ritengono di dover intervenire, spesso “a cappella song”, contribuendo, in molti casi, ad alimentare la confusione in un quadro già di per sé complesso.

Per fortuna, nonostante l’improvvisa ondata di calore estivo, il Grillo parlante riesce con freddezza a riportate le cose al posto giusto e a noi piace ricordare (a proposito di caldo) come Icaro si fece prendere dall’ebbrezza del volo e si avvicinò troppo al sole per finire come tutti sappiamo.

“Dopo che il Prof. Sepio, uno dei padri nobili della riforma italiana del Terzo settore, aveva dichiarato che “lo sport è terzo settore” in un convegno tenuto lo scorso 10 giugno al salone d’onore del Coni, questa affermazione si è rapidamente diffusa sui social ed è stata “cavalcata” in maniera importante nel recentissimo congresso della Uisp, uno dei più importanti enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni.

E’ ovvio che il tema può essere affrontato da più punti di vista. Il vostro povero grillo parlante lo farà nell’unico modo in cui “forse” è capace, ossia quello di carattere giuridico – amministrativo.

L’occasione mi viene data anche da una frase, contenuta in quello che per il resto deve essere ritenuto un interessantissimo e istruttivo intervento del Presidente Manco all’assemblea del suo ente (UISP).

La frase è la seguente: “Fino a poco tempo fa c’era addirittura chi parlava di quarto settore con riferimento allo sport. Non hanno certo aiutato alcune letture da parte di professionisti, consulenti, commercialisti che hanno alimentato il pensiero che il movimento sportivo trovava vantaggi a collocarsi fuori dalla riforma. Niente di più sbagliato per quanto ci riguarda e l’appuntamento di questa assemblea non è altro che la rappresentazione plastica di una volontà collettiva assolutamente contraria a quell’impostazione”.

Lungi da me il pensiero che il Presidente abbia avuto il tempo e l’interesse di leggere proprio gli scritti del grillo, che espressamente vanno nella direzione criticata, tuttavia ritengo, per quei quattro lettori che mi sono rimasti, di dover loro qualche ulteriore spiegazione che possa legittimare un parere motivato, da operatore del Diritto critico sulla riforma.

Partiamo dall’art. 4 del codice del terzo settore laddove elenca gli enti che potranno entrare nella riforma. Non vi è traccia delle associazioni e società sportive dilettantistiche e credo che, essendo soggetti tipizzati, nessuno possa pensare di volerli considerare all’interno della categoria di quello che io chiamo il “bidone della indifferenziata” ossia: “le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato costituiti per il perseguimento senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

Tra i soggetti iscrivibili negli elenchi dei destinatari del cinque per mille le sportive hanno una configurazione propria distinta da quella degli altri enti del terzo settore.

Il codice del terzo settore prevede per gli enti iscritti al Runts l’abrogazione di una serie di norme fiscali (vedi tra tutte la legge 398/91 e il comma tre dell’art. 148 del tuir) che mantengono, invece, la loro validità per le sportive.

Molte regole della riforma (vedi la parziale distribuzione di utili ammessa per le imprese sociali o la parziale antidemocraticità che potrebbero avere gli statuti degli ets con il voto plurimo o i componenti dell’organo amministrativo eletti da soggetti diversi dell’assemblea sociale) sono in palese contrasto con i contenuti dei commi 17 e 18 dell’art. 90 della legge 289/02. Pertanto un ente del terzo settore potrebbe avere uno statuto che gli consentirebbe l’iscrizione al Runts ma non al registro Coni.

Il legislatore, pertanto, era perfettamente conscio e consapevole che lo sport “istituzionale” sarebbe rimasto fuori dal terzo settore e, in tal senso, ha disciplinato e ne ha tenuto conto nella scrittura della riforma. Continua a non essere certo, ad esempio, che i cosiddetti compensi sportivi di cui all’art. 67, primo comma, lettera m, del TUIR, siano applicabili ai soggetti “sportivi” del terzo settore.

Ma non poteva che essere così per i diversi “strati” in cui è formata l’attività sportiva. Basti pensare ai gruppi sportivi militari e di Stato, alle miriadi di società e associazioni sportive dilettantistiche fortemente orientate al risultato e alla competizione, per capire come lo sport non possa essere terzo settore o, se si preferisce, non possa essere tutto e solo terzo settore.

Questo non significa, ovviamente, che soggetti del terzo settore non possano svolgere “anche” attività sportiva dilettantistica, espressamente ricompresa tra le attività di interesse generale di cui all’art. 5 del decreto legislativo 117/17, proprio come espressione di un altro dei numerosi strati di cui è composta la pratica sportiva in Italia.

L’importante è partire da un presupposto. La legge non riconosce le associazioni sportive dilettantistiche che siano nel contempo di promozione sociale, ma riconosce, come espressamente e in maniera del tutto condivisibile, affermato anche dall’ Agenzia delle Entrate, le asd che fanno sport e le aps che fanno sport. Due soggetti diversi che possono svolgere la medesima attività disciplinati da regole distinte per gli uni e per gli altri.

Ecco allora che sarà necessario che il Registro Coni apra una propria sezione per ospitare tutti quegli enti che, provenienti dal terzo settore, richiedano il riconoscimento ai fini sportivi per potersi affiliare ad una FSN /DSA/ EPS. A tal fine, però, a livello statutario, dovranno uniformarsi ai precetti dei citati commi 17 e 18 dell’art. 90 della Legge 289/2002.

Ma, chi scrive, non auspica affatto che le sportive debbano essere tutte iscritte al Runts, almeno fino a quando non sarà riconosciuto per loro la specificità dell’attività svolta e il mantenimento del loro attuale status quo.

La strada della riforma dello Sport, comunque urgente e necessaria, ad avviso del vostro povero Grillo parlante, deve transitare attraverso la redazione dei decreti delegati che nasceranno a seguito dell’approvazione del disegno di legge delega governativo contrassegnato come atto della Camera n. 1603 bis; se fosse vero che lo Sport già si trovasse all’interno della Riforma del terzo settore, a che titolo riformarlo nuovamente?

E se questo dovesse significare quarto settore, non ne sarei affatto scandalizzato.

Alla fine una scommessa: quante saranno le sportive disposte a rinunciare ai loro attuali benefici per entrare nel terzo settore acquisendo, in tal modo, solo quelli previsti dal Runts? Mi piacerebbe poterla fare !”

Bologna, 19 giugno 2019, ore 16.30

Il Grillo parlante




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